La depressione
Sentirsi depressi significa vedere il mondo attraverso degli occhiali con delle lenti scure: tutto sembra più opaco e difficile da affrontare, anche alzarsi dal letto al mattino o fare una doccia.
Molte persone depresse hanno la sensazione che gli altri non possano comprendere il proprio stato d’animo e che siano ottimisti inutilmente.
Più specificamente, la depressione si manifesta attraverso parecchi sintomi di tipo fisico, emotivo, comportamentale e cognitivo.
I sintomi fisici più comuni sono la perdita di energie, il senso di fatica, i disturbi della concentrazione e della memoria, l’agitazione motoria ed il nervosismo, la perdita o l’aumento di peso, i disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia), la mancanza di desiderio sessuale, i dolori fisici, il senso di nausea, la visione offuscata, l’eccessiva sudorazione, il senso di stordimento, l’accelerazione del battito cardiaco e le vampate di calore o i brividi di freddo.
Le emozioni tipiche sperimentate da chi è depresso sono la tristezza, l’angoscia, la disperazione, il senso di colpa, il vuoto, la mancanza di speranza nel futuro, la perdita di interesse per qualsiasi attività, l’irritabilità e l’ansia.
I principali sintomi comportamentali invece, risultano la riduzione delle attività quotidiane, la difficoltà nel prendere decisioni e nel risolvere i problemi, l’evitamento delle persone e l’isolamento sociale, i comportamenti passivi, la riduzione dell’attività sessuale e i tentativi di suicidio.
Le persone che soffrono di depressione, inoltre, presentano un modo di pensare caratterizzato da regole o “filosofie di vita” disadattive, aspettative irrealistiche e pensieri spontanei negativi su se stessi, sul mondo e sul futuro (sintomi cognitivi). Le regole o “filosofie di vita” di queste persone risultano assolute, rigide e, quindi, non adattive (assunzioni disadattive). Chi ha la depressione fa riferimento a dei “doveri” che sente di dover assolvere per rispettare i propri valori (es. “Non posso sbagliare mai!”, “Se non piaccio a qualcuno, non posso essere amato!”, “Se fallisco in qualcosa vuol dire che sono un fallito!”, “Se ho un problema da parecchio tempo significa che non potrò mai risolverlo!”, “Non posso essere debole!”).
Chi soffre di depressione, inoltre, generalmente presenta aspettative irrealistiche: ha degli standard eccessivamente elevati sia nei confronti di se stesso, che degli altri. Crede, ad esempio, che fare errori sia assolutamente vietato, che non si possano avere conflitti e che bisogna essere sempre di buon umore. Altre persone depresse, invece, ritengono di non meritare nulla e accettano tutto quello che viene offerto loro senza ricercare qualcosa di migliore.
I pensieri spontanei che passano per la mente delle persone depresse, infine, generalmente rispecchiano la visione negativa che queste persone hanno di sé, del mondo e del futuro (pensieri automatici negativi). Chi ha concezioni negative di sé, del mondo e del futuro, ne amplifica gli aspetti negativi e minimizza quelli positivi. Ad esempio, chi ha una concezione negativa di sé si focalizza solo sui propri difetti e si percepisce non amabile, incapace, fallito, stupido, brutto, debole o cattivo. Tipici esempi di pensieri automatici negativi sono: “Sono un totale fallimento!” (pensiero negativo su di sé); “Mia madre mi considera un perdente!” (pensiero negativo relativo a quello che qualcun altro può pensare di noi); “Di sicuro risulterò antipatico!” (predizione negativa); “Niente va bene!” (pensiero negativo sul mondo); “Quello che ho fatto non conta, tutti sarebbero in grado di farlo!” (minimizzazione dei propri successi o delle proprie qualità).
Ci sono, inoltre, alcuni comportamenti tipici delle persone depresse che favoriscono lo sviluppo di circoli viziosi e che, dunque, mantengono nel tempo l’umore depresso. Questi comportamenti, riducendo la produttività lavorativa, il contatto con nuove esperienze e le attività ricreative, riducono anche la probabilità di provare emozioni piacevoli e di modificare le idee negative su se stessi, sul mondo e sul futuro. Alcune persone depresse, ad esempio, sperimentando molta fatica nell’affrontare le incombenze quotidiane (es. pagare le bollette, chiamare l’idraulico, far revisionare l’automobile), iniziano a rimandarle; in questo modo iniziano a sentirsi maggiormente incapaci e fallite. Questo evitamento mantiene la depressione in quanto non permette alla persona né di sperimentare brevi stati mentali positivi (es. un leggero senso di efficacia personale), né di verificare che, nella realtà, non è così incapace come pensa di essere. Spesso accade anche che le persone depresse, provando apatia e disinteresse per quasi tutto, smettano di uscire, evitino il contatto con le altre persone e trascorrano molto tempo libero in attività passive come guardare la televisione e stare a letto, rimuginando sui propri problemi ed assillando amici e conoscenti riguardo ad essi. Anche tali comportamenti mantengono la depressione in quanto impediscono alla persona di vivere esperienze gratificanti. Un ulteriore esempio dei modi in cui la depressione si mantiene è dato da coloro che, non riconoscendo i propri successi e non gratificandosi per essi, perpetuano l’insoddisfazione verso di sé.
Come capire se si soffre di depressione
Può capitare a tutti, qualche volta, di essere un po’depressi, ma ciò non significa che tutti necessitano di un trattamento. Come si fa a capire se abbiamo bisogno o meno di un aiuto terapeutico?
Non è patologico avere delle leggere fluttuazioni dell’umore. La tristezza, se non è troppo intensa, può anche essere utile alla persona: porsi domande sul perché siamo tristi, ad esempio, può condurci a capire se abbiamo bisogno di qualcosa e può spingerci a trovare delle soluzioni ai nostri problemi.
La depressione necessita di un intervento clinico quando i suoi sintomi sono molto intensi, provocano una forte sofferenza e durano da molto tempo (più di 6 mesi). Nella depressione “clinica”, inoltre, sono presenti autocritica, sensi di colpa, disperazione, mancanza di speranza verso il futuro, pessimismo eccessivo e pensieri di morte. La depressione vera e propria rappresenta, quindi, qualcosa di molto più intenso e duraturo rispetto al semplice sentirsi “un po’ giù di tono”.
Per sapere se una persona è “clinicamente” depressa, inoltre, bisogna prendere in considerazione i motivi e le cause della sua depressione. Sentirsi molto tristi e privi di energia, avere sentimenti di vuoto, sentire di aver perso ogni interesse verso il mondo esterno dopo aver perso una persona cara (es. separazione, divorzio, lutto) è una reazione naturale, coerente con l’esperienza che stiamo vivendo e, nella maggior parte dei casi, transitoria. La depressione conseguente ad una separazione o ad un lutto, quindi, non è un disturbo psicologico; questa va trattata clinicamente se non si risolve spontaneamente in un arco di tempo che può andare dai 6 ai 12 mesi (lutto complicato).
Dal momento che è possibile riscontrare sintomi depressivi anche in altri disturbi psicologici, è opportuno fare alcune distinzioni tra la depressione ed altre condizioni che possono assomigliarle.
Tuttavia, per ricevere una diagnosi seria ed accurata è necessario rivolgersi a persone qualificate.
Nel disturbo bipolare, ad esempio, si presentano dei periodi di depressione, ma alle fasi depressive si alternano delle fasi dette di eccitamento maniacale, in cui ci si sente molto ottimisti e pieni di energia.
La depressione va distinta anche dal disturbo schizoaffettivo e dalla schizofrenia, in cui, oltre ai sintomi depressivi, sono presenti deliri e allucinazioni.
I sintomi depressivi, infine, possono essere dovuti ad alcune condizioni mediche generali (es. ictus, morbo di Parkinson, demenze, sclerosi multipla) o all’assunzione di sostanze come droghe, alcool e farmaci. In particolare la depressione può derivare dall’astinenza dalla cocaina e da alcolici.
Cause
Non esiste una causa unica della depressione: alla base del disturbo vi sarebbero diversi fattori di tipo biologico, ambientale e psicologico.
Alcuni studi hanno dimostrato che vi è una componente genetica (fattori biologici) che può favorire o meno lo sviluppo di un quadro depressivo. Una certa tendenza alla depressione, quindi, può essere ereditaria. I soli fattori biologici, tuttavia, non spiegano lo sviluppo della patologia. Dalle ricerche scientifiche emerge, infatti, che se un gemello è depresso, l’altro gemello, dotato dello stesso corredo genetico, ha una probabilità di sviluppare sintomi depressivi del 50-70%, non del 100%.
Tra gli altri fattori che possono influenzare lo sviluppo di un quadro depressivo ci sono quelli ambientali: l’educazione ricevuta, gli eventi vissuti all’interno della famiglia e quelli vissuti fuori della famiglia (es. esperienze scolastiche e con gli amici). In particolare, sembra che alcune esperienze precoci negative possano facilitare lo sviluppo di una vulnerabilità acquisita alla depressione e un senso di mancanza di speranza verso il futuro. Ad esempio, chi ha perso la madre prima dei tredici anni di età sembra abbia più probabilità di sviluppare questo disturbo. Alcune situazioni stressanti, inoltre, contribuirebbero sia a scatenare, che a mantenere nel tempo i sintomi depressivi. Tra questi fattori di rischio e di mantenimento, i principali risultano:
- perdite importanti (es. perdere il lavoro, un’amicizia, il partner);
- diminuzione delle attività gratificanti (es. svolgere un lavoro che piace di meno rispetto a quello precedente);
- mancanza di relazioni sociali (es. trasferirsi in una città dove non si conosce nessuno);
- richieste nuove dell’ambiente esterno (es. cambiare mansione lavorativa, diventare genitore);
- problemi di gestione della propria vita (es. essere disoccupato, avere problemi economici).
I sintomi depressivi, infine, possono derivare anche dal continuo contatto con situazioni dove è impossibile controllare l’esito degli eventi. In questi casi possiamo sentirci tristi, stanchi, senza più alcun interesse e senza speranza perché abbiamo appreso che in alcun modo il nostro comportamento può influire sugli eventi, che non ci è possibile migliorare le cose, che gli eventi negativi sono incontrollabili. Interpretazioni di questo tipo possono verificarsi in presenza di esperienze frustranti transitorie (es. difficoltà lavorative, crisi in relazioni significative) o di circostanze di vita continuativamente sfavorevoli (es. aver perso un genitore in tenera età, avere un figlio disabile, prendersi cura di persone anziane affette da demenza).
Le cause elencate, tuttavia, non costituiscono dei fattori che necessariamente provocano la depressione. Nell’insorgenza del quadro depressivo, infatti, riveste un ruolo cruciale il modo in cui la persona interpreta gli eventi e mobilita le risorse per far fronte ad essi (fattori psicologici). Ad esempio, si può perdere una persona cara e, dopo un periodo iniziale di sofferenza, reagire all’evento aumentando i comportamenti di autocura, migliorando le proprie relazioni interpersonali e definendo nuovi obiettivi personali. Al contrario si può pretendere da se stessi comportamenti perfetti, rimproverarsi in modo eccessivo per piccoli errori e autopunirsi, favorendo, così, il mantenimento dell’umore depresso.
Conseguenze della depressione
La depressione può avere importanti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni.
L’attività scolastica o lavorativa della persona può diminuire in quantità e qualità soprattutto a causa dei problemi di concentrazione e di memoria che tipicamente presentano i soggetti depressi.
Questo disturbo, inoltre, porta al ritiro sociale, che, col passare del tempo, a sua volta porta a problemi di tipo relazionale con partner, figli, amici e colleghi.
L’umore depresso condiziona anche il rapporto con se stessi e con il proprio corpo. Tipicamente, infatti, chi è depresso ha difficoltà a lavarsi, curare il proprio aspetto, mangiare e dormire in modo regolare.
Differenti tipi di trattamento
Negli ultimi anni sono stati individuati diversi tipi di trattamenti per la cura della depressione. Dagli studi scientifici emerge che attualmente le cure più efficaci per la depressione sono il trattamento farmacologico, la psicoterapia interpersonale e la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Non ci sono prove di efficacia che indicano che uno di questi trattamenti è migliore rispetto all’altro: trattamenti differenti e combinazioni di questi possono essere più o meno adatti a seconda delle esigenze personali e cliniche del soggetto. Le psicoterapie e i trattamenti combinati (psicoterapia associata alla farmacoterapia), comunque, risultano essere più efficaci nella prevenzione delle ricadute rispetto al solo trattamento farmacologico.
Il trattamento farmacologico della depressione si rivela cruciale soprattutto nei casi in cui il disturbo si presenta in forma grave. I farmaci maggiormente utilizzati per la cura della depressione sono il prozac, il paxil, lo zoloft, l’effexor, il tofranil, il wellbutrin, l’elavil, il nardil, il parnate e il litio. Per verificare quali siano gli effetti dei farmaci è necessario attendere tra le 2 e le 4 settimane. In alcuni casi possono presentarsi degli effetti collaterali, alcuni dei quali possono diminuire nel corso del trattamento. È importante ricordare che la prescrizione dei farmaci può essere fatta solo da un medico, meglio se psichiatra.
La terapia interpersonale (IPT) è, insieme alla terapia cognitivo-comportamentale, la psicoterapia più efficace nella cura della depressione. Si tratta di una psicoterapia breve (12-16 sedute) che si focalizza sui sintomi attuali del paziente, sugli eventi della sua vita e sui suoi rapporti interpersonali. Secondo questa prospettiva, infatti, le componenti della depressione sono la formazione del sintomo, il funzionamento sociale e le caratteristiche di personalità. L’obiettivo specifico dalla terapia interpersonale è il funzionamento sociale, che influirebbe positivamente sulla formazione dei sintomi; a causa della brevità del trattamento, non si interviene sulla personalità. Questo tipo di terapia attualmente non è molto diffuso in Italia.
Nei casi in cui il quadro depressivo risulti particolarmente grave, è necessario ricorrere a più trattamenti contemporaneamente (es. interventi di supporto, psicoterapia, farmacoterapia) e, eventualmente, a ricoveri ospedalieri.
Il trattamento cognitivo-comportamentale
Come accennato, la terapia cognitivo-comportamentale, insieme alla terapia interpersonale, è la psicoterapia più efficace nella cura della depressione. Diversi studi evidenziano che circa il 75% dei pazienti depressi ha una significativa diminuzione dei sintomi entro le prime 20 sedute di psicoterapia. Nel caso in cui alla psicoterapia è associato un trattamento farmacologico, la riduzione della sintomatologia si verifica nell’85% dei casi. E’ stato anche dimostrato che questi miglioramenti sono durevoli nel tempo.
Secondo l’approccio cognitivista, i pensieri e le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro hanno un ruolo chiave nell’esordio e nel mantenimento della depressione. Nella cura di questo disturbo, dunque, la terapia cognitivo-comportamentale si focalizza soprattutto sui modi in cui il soggetto interpreta gli eventi che accadono, vi reagisce e valuta sé stesso. Il terapeuta cognitivista si propone di aiutare il paziente ad identificare e modificare i pensieri e le convinzioni negative che ha su se stesso, sul mondo e sul futuro, ricorrendo a numerose e specifiche tecniche cognitivo-comportamentali. Il cambiamento nel modo di pensare porterà ad una regolazione del tono dell’umore e a modificazioni dei sintomi, che a loro volta influiranno positivamente sui pensieri. In modo simile, la modificazione di alcuni comportamenti problematici (es. isolamento sociale) avrà un effetto benefico sui pensieri e sulle emozioni della persona. In questo modo è possibile interrompere i circoli viziosi che mantengono la depressione nel tempo.